il tema delle lacrime nell'iliade

Lettura di Hélène Monsacré, Le lacrime di Achille.L'eroe, la donna e il dolore nella poesia di Omero, Medusa 2003.

L' ethos dell'eroe omerico riassume tutti i valori legati all'eccellenza: coraggio, forza, assennatezza, abnegazione, capacità di sopportare il dolore. Ma l'eroe è altresì cosciente della propria fragilità, legata alla propria natura mortale: per compiere pienamente il suo destino, egli sa che deve morire e veder morire i compagni prediletti. L'eroe non è una macchina al servizio della guerra: la guerra ha il compito di nobilitarlo, è l'occasione di mostrare al massimo le sue virtù; ma è anche la prova suprema, il destino di morte spesso lo attende. Allora l'eroe, che è sempre un uomo, piange: per paura, per rabbia, per dolore. Le lacrime sono quasi una camera di compensazione di una richiesta di prestazioni umane di altissimo livello, una decompressione del groviglio di passioni che lo agitano come qualunque mortale, esacerbate dalla preoccupazione di dovere comunque eccellere in tutto.

Chi non piange di dolore, piange almeno per la rabbia. L'impassibile Diomede, il guerriero-macchina privo di emozioni, piange per la perdita della gara dei carri durante i giochi funebri per Patroclo. Ma normalmente i guerrieri piangono la morte dei compagni: Aiace su Patroclo, Agamennone per le ferite inflitte a Menelao, e quando i Troiani sembrano prevalere e da Troia si odono voci di canti e festeggiamenti. Ettore piange ferito e Patroclo preoccupato della sorte dei Greci.

Le lacrime di Achille scorrono durante tutto il poema, essendo la furia, l'ira con cui si apre il poema, la reazione ad un profondo stato di lutto e di prostrazione che segue l'uccisione di Patroclo.
Dal primo libro, dove si ritira a piangere sulla riva del mare per lo sgarbo di Agamennone, e sono ancora lacrime di rabbia per l'onore offeso, al profondo dolore per la perdita del compagno prediletto, materia dei canti 18° e 19°.
Il dolore per la morte del compagno ha anche una componente di prefigurazione della propria morte, che Achille sa incombergli sul capo (La Chera io pure l'accoglierò quando Zeus voglia compierla). Nessuno può sfuggire il destino di morte, neanche il possente Eracle, che Atena nomina per ricordarne i pianti e i gemiti per la stanchezza micidiale impostagli dalle fatiche di Euristeo.

Le lacrime non sviliscono gli eroi dunque, ma ne esaltano la capacità umane di soffrire fino in fondo per il loro destino glorioso. Da notare che gli stessi eroi dell'epica nel teatro classico si compiacciono di soffrire senza versare una lacrima: Euripide nell'Eracle fa dire all'eroe di non conoscere il pianto.
Anche gli dei piangono i figli morti in combattimento. Le uniche lacrime disapprovate da Omero sono quelle degli uomini semplici: Tersite piange dopo essere stato battuto da Odisseo durante la riunione dei capi achei. Coloro a cui non è riservata la gloria non godono neanche del privilegio di piangere senza essere derisi.






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