la questione omerica

La questione omerica

Con l'espressione "questione omerica" si intende il complesso dei problemi che riguardano l'esistenza storica di un poeta O., la relazione tra questo e i due poemi conservati, la formazione di ciascuno di essi. A prescindere dai risultati ai quali si è potuti giungere e attorno ai quali è tuttora aperta la discussione, la questione omerica è uno dei capitoli fondamentali della filologia moderna, ed è stata, specialmente in età romantica, un motivo culturale di grande importanza. Abbiamo ricordato come già nell'antichità vi fu chi dubitò dell'attribuzione a O. di ambedue i poemi. I separatisti, Zenone ed Ellanico, sostenevano infatti che la sola iliade era attribuibile al poeta. L'anonimo autore del Sublime, però giustificava le differenze sociali delle due opere attribuendo la composizione dell'iliade all'età giovanile e quella dell'odissea alla vecchiaia.  La questione omerica moderna ha i suoi primi inizî nelle Conjectures académiques di F. Hédelin d'Aubignac, pubblicate postume nel 1715, scritte nel 1664. Più importante, sebbene poco nota per lungo tempo, l'opera di G. B. Vico, che nella Scienza nuova seconda (1730), polemizzando contro i contemporanei, sostiene che la poesia omerica è primitiva, espressione naturale e spontanea di un'età ancora barbara. Il vero O. "è un'idea, ovvero un carattere eroico d'uomini greci, in quanto essi narravano, cantando, le proprie storie". La questione omerica fu rivelata al grande pubblico da F. A. Wolf, con i Prolegomena ad Homerum (1795). Egli, partendo dall'affermazione della inesistenza della scrittura nell'età omerica, ne dedusse che poemi di tali dimensioni erano impossibili, e che i poemi omerici erano stati messi insieme nell'età di Pisistrato (interpretando così una discussa notizia antica), unendo canti staccati, cantati separatamente dai rapsodi. Wolf sosteneva che l'unità dei poemi omerici consiste nell'unità della leggenda dalla quale i canti separati dipendevano.  Dopo Wolf, e per tutto il sec. 19° e parte del 20°, la questione omerica dilaga, dando luogo a una bibliografia di eccezionale vastità, tanto che è quasi impossibile riassumere le principali tesi sostenute. Contributi di grande importanza dettero G. W. Nitzsch (con la Historia Homeri, 1830-37), unitario e antiwolfiano, e G. Hermann, che per primo formulò la tesi del "nucleo originario", cioè che l'Iliade e l'Odissea siano state composte in tempi diversi, ma non per aggregazione di canti separati, bensì per accrescimento continuo di un minore poema centrale. K. Lachmann (1837 e 1841) cercò di scomporre l'Iliade nei poemetti originarî dai quali sarebbe derivata. U. von Wilamowitz, in tre opere fondamentali (Homerische Untersuchungen, 1884; Die Ilias und Homer, 1916; Die Heimkehr des Odysseus, 1927), ha dato un'impronta decisiva alla moderna impostazione della questione, sviluppando l'ipotesi del raffazzonamento di più poemi ad opera di un rielaboratore (Bearbeiter) goffo e inesperto. Lo statunitense M. Parry ha svolto ricerche nell'ambito della poesia popolare iugoslava, atte a mostrare la possibilità della diffusione e conservazione di componimenti poetici anche di notevole lunghezza attraverso la tradizione orale; al centro degli studî di Parry e della sua scuola è l'indagine sulle formule, che sono i puntelli della trasmissione dell'oral poetry. Per l'Odissea ha sempre sostanzialmente prevalso l'idea di una elaborazione in fasi diverse.

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