La tradizione manoscritta



L'Iliade e l'Odissea vennero fissate per scritto nella Ionia di Asia, intorno al 8° secolo a.C: la scrittura venne introdotta nel 750 a.C circa; si può supporre che trent'anni dopo, nel 720 a.C, gli aedi possano averla utilizzata. È probabile che più aedi abbiamo cominciato ad usare la scrittura per fissare testi che affidavano completamente alla memoria; la scrittura era null'altro che un nuovo mezzo per agevolare il proprio lavoro, sia per poter lavorare più facilmente sui testi, sia per non dover affidare tutto alla memoria. Nell'epoca dell'auralità il magma epico comincia a sedimentarsi nella sua struttura, ma è anche vero che mantiene una certa fluidità. Si può dire che all'inizio c'erano un grandissimo numero di episodi e sezioni rapsodiche legate al Ciclo Troiano; vari autori, tra cui forse Omero, nell'epoca dell'auralità, intorno al 750 a.C circa, operano una cernita, scegliendo da questa immane mole di racconti un numero sempre più esiguo di sezioni, numero che se per Omero fu 24, per altri autori poteva essere 20, o 18, o 26, o anche 50. Quello che è certo è che la versione di Omero fu quella che si impose, e che dopo di lui altri aedi continuarono sì a selezionare continuamente episodi per creare la "loro" Iliade, ma tennero conto che la versione dell'Iliade più in voga era quella di Omero. Non tutti gli aedi cantavano la stessa Iliade, e non si arrivò mai ad avere un testo standard per tutti; c'erano una miriade di testi simili tra loro, ma con leggere differenze. Il poema non ha ancora, durante l'auralità, una struttura definitivamente chiusa. Non possediamo l'originale più antico dell'opera, ma sappiamo che già nel VI secolo a.C ne circolavano degli esemplari; la prima testimonianza sicura è di Pisistrato di Atene (561-527 a.C). Dice infatti Cicerone nel suo [[De Oratore]]: "primus Homeri libros confusos antea sic disposuisse dicitur, ut nunc habemus" (Si dice che Pisistrato per primo avesse ordinato i libri di Omero, prima confusi, così come ora li abbiamo). Il primo punto fermo è quindi che nella Grande Biblioteca di Atene di Pisistrato erano contenuti l'Iliade di Omero, fatta realizzare dal figlio Ipparco. Ad Atene dunque l'Iliade era quella di Pisistrato. L'auralità non consentì di stabilire delle edizioni canoniche, e l'Iliade pisistratea non fu un caso unico: sul modello di Atene ogni città, e di sicuro Creta, Cipro, Argo e Marsiglia, probabilmente aveva un'edizione "locale", detta κατά πόλεις. Le varie edizioni κατά πόλεις non erano probabilmente molto discordanti tra di loro. Abbiamo anche notizia di edizioni precedenti all'ellenismo, dette πολυστικὸς, "con molti versi"; avevano sezioni rapsodiche in più rispetto alla versione pisistratea; varie fonti ce ne parlano ma non ne sappiamo l'origine. L'Iliade e l'Odissea erano la base dell'insegnamento elementare: i piccoli greci imparavano a leggere leggendo i poemi di Omero; molto probabilmente i maestri semplificarono i poemi affinché fossero di più facile comprensione per i bambini. Sappiamo anche dell'esistenza di edizioni κατά ἂνδρα: personaggi illustri si facevano fare edizioni proprie. Un esempio molto famoso è quello di Aristotele, che si fece creare un'edizione dell'Iliade e dell'Odissea per farla leggere ad Alessandro Magno, suo discepolo, tra la fine del 6° e l'inizio del 5° secolo a.C. Con tutte queste versioni pre-alessandrine, si è arrivati a una sorta di testo base attico, una vulgata attica (la parola vulgata viene usata dagli studiosi in riferimento alla Vulgata di San Girolamo, che all'inizio dell'era cristiana analizzò le varie versioni della Bibbia esistenti e le unificò in un testo latino definitivo, che chiamò appunto vulgata - per il volgo, da divulgare).
Gli antichi grammatici alessandrini tra il 3° e il 2° secolo concentrarono il loro lavoro di filologia del testo su Omero, sia perché il materiale era ancora molto confuso, sia perché egli era universalmente riconosciuto come il padre della letteratura greca. Molto importante fu un'emendatio (διὼρθωσισ) volta ad eliminare le varie interpolazioni e a ripulire il poema dai vari versi formulari suppletivi, formule varianti che entravano anche tutte insieme. Si arrivò dunque ad un testo definitivo. Un contributo fondamentale fu quello di tre gradi filologi, vissuti tra la metà del terzo secolo e la metà del secondo: Zenodoto di Efeso, che elaborò la numerazione alfabetica dei libri ed operò una ionizzazione (sostituì gli eolismi con termici ionici), Aristofane di Bisanzio, di cui non ci resta nulla, ma che sappiamo che fu un gran commentatore, inserì il prosodio (l'alternarsi di lunghe e brevi), i segni critici (come la crux, l'obelos) e gli spiriti, Aristarco di Samotracia, che operò una forte ed oggi considerata sconveniente atticizzazione, convinto che Omero fosse di Atene, e si occupò di scegliere una lezione per ogni vocabolo "dubbio", curandosi però di mettere un obelos con le altre lezioni scartate; non è ancora chiaro se si basò sull'istinto o comparò vari testi. Il nostro testo dell'Iliade è piuttosto diverso da quello con le lezioni di Aristarco. Su 874 punti in cui egli scelse una particolare lezione, solo 84 tornano nei nostri testi; la vulgata alexandrina è quindi uguale alla nostra solo per il 10%. Questo dimostra che il testo della vulgata alessandrina non era definitivo; è possibile che nella stessa biblioteca d'Alessandria d'Egitto, dove gli studiosi erano famosi per i loro litigi, ci fossero più versioni dell'Iliade. Un'invenzione molto importata della biblioteca di Alessandria furono le σχὸλια, ricchi repertori di osservazioni al testo, note, lezioni, commenti. Dunque i primi studi sul testo furono effettuati tra il 3° e il 2° secolo a.C dagli studiosi alessandrini; poi tra il 1° e il 2° secolo d.C. quattro scoliasti redassero gli σχὸλια dell'Iliade, poi compendiati da uno scoliasta successivo nell'opera "Commento dei 4". L'Iliade di Omero tuttavia non riuscì a influenzare tutte le zone dove era diffusa; anche in età ellenistica giravano più versioni, probabilmente derivanti dalla vulgata ateniese di Pisistrato del V secolo, che proveniva da varie tradizioni orali e rapsodiche. Intorno alla metà del II secolo, dopo il lavoro di Alessandria, giravano il testo alessandrino e residui di altre versioni. Di certo gli Ellenisti stabilirono il numero di versi e la suddivisione dei versi. Dal 150 a.C sparirono le altre versioni testuali e si impose un unico testo dell'Iliade; tutti i papiri ritrovati da quella data in poi corrispondono ai nostri manoscritti medievali: la vulgata medievale è la sintesi di tutto. Nel medioevo occidentale non era diffusa la conoscenza del greco, nemmeno tra personaggi come Dante o Petrarca; uno dei pochi che lo conosceva era Boccaccio, che lo imparò a Napoli da Leonzio Pilato. L'Iliade era conosciuta in occidente grazie alla Ilias tradotta in latino di età neroniana. Prima dei lavoro dei grammatici Alessandrini, il materiale di Omero era molto fluido, ma anche dopo di esso altri fattori continuarono a modificare l'Iliade, e per arrivare alla κοινὴ omerica bisogna aspettare il 150 a.C. L'Iliade fu molto più copiata e studiata dell'Odissea. Nel 1170 Eustazio di Salonicco contribuì in modo significativo a questi studi. Nel 1459 Costantinopoli fu presa dai turchi; un grandissimo numero di profughi dall'oriente emigrò verso l'occidente, portando con sé una gran mole di manoscritti. Questo accadde fortunatamente in concomitanza con lo sviluppo dell'Umanesimo, tra i punti principali del quale c'era lo studio dei testi antichi. Nel 1920 si realizzò che era impossibile fare uno [[stemma codicum]] per Omero perché, già nel '20, escludendo i frammenti papiracei, c'erano ben 188 manoscritti, e perché non riusciamo a risalire ad un archetipo di Omero. Spesso i nostri archetipi risalgono al 9° secolo a.C., secolo in cui a Costantinopoli, il patriarca Fozio si preoccupò che tutti i testi scritti in alfabeto greco maiuscolo fossero traslitterati in minuscolo; quelli che non furono traslitterati, sono andati persi. Per Omero tuttavia non esiste un solo archetipo: le translitterazioni avvennero in più luoghi contemporaneamente.

Il nostro più antico manoscritto capostipite completo dell'Iliade è il Marcianus 454a, presente a Venezia; risale al 10° secolo d.C., quando Bessanone, rettore della Biblioteca di Venezia, lo ricevette dall'oriente da Giovanni Aurisma. I primi manoscritti dell'Odissea sono invece dell'11° secolo d.C. L'editio princeps dell'Iliade è stata stampata nel 1488 a Firenze da Demetrio Calcondica. Le prime edizioni veneziane, dette aldine dallo stampatore Aldo Manuzio, furono ristampate ben 3 volte, nel 1504, 1517, 1521, indice questo senza dubbio del gran successo sul pubblico dei poemi omerici. Un'edizione critica dell'Iliade verrà stampata solo nel 1920, edita da Monroe e Allen di Oxford - da qui il nome oxoniensis attribuito a quell'edizione. L'Odissea fu stampata nel 1919 da Allen.

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